La cornice culturale generale in cui si iscrive questa transizione è il passaggio dal paradigma bipolare amministratori-amministrati al paradigma collaborativo in cui soggetti pubblici, privati e del terzo settore costruiscono nuove alleanze.
Nell’ambito del bene comune azione e oggetto si presuppongono reciprocamente, e s’incontrano nella finalità collettiva, nell’interesse pubblico. Salus populi suprema lex, secondo Tommaso d’Aquino. Agire per il bene comune significa spingere ognuno verso il bene della comunità.
L’architettura, una volta introdotta nella sfera dei Beni Comuni, si caratterizzerà più per la capacità di attivare processi collettivi di riappropriazione e trasformazione dell’ambiente urbano, che per l’assunzione di una determinata forma fisica.
In una prospettiva in cui oltre un terzo della popolazione mondiale vivrà in slum e periferie urbane, la partecipazione e la condivisione di idee e soluzioni deve diventare la via maestra per rendere vivibili gli spazi inospitali, anche se le risorse economiche a disposizione sono scarse.
Per costruire un discorso di condivisione urbana, è necessario anzitutto creare un proprio alfabeto, un lessico per la conquista e la preservazione del bene comune. […] Ora prova a scrivere il tuo abbecedario.
Sono affascinato dalle esperienze delle imprese civiche del terzo settore, che offrono beni e servizi creando nuovo valore (economico ambientale e sociale) per una società in cui l’apatia sembra la regola.
Andare ‘oltre’ il bene comune è evitare la sua oggettivizzazione, e il conseguente rischio di ridurlo a merce, per apprezzare piuttosto la sua capacità di renderci attori di processi pienamente sostenibili.
Una comunità senza confini che immagina la comunanza come una radicale non appartenenza, come una forma più profonda e radicale di responsabilità, quella del debito che intratteniamo con le condizioni della nostra esistenza.
Ora è necessario cambiare radicalmente prospettiva. Occorre ripensare il patrimonio come sostegno allo sviluppo di medio e lungo periodo e non solo come ricchezza da rendere prontamente liquida.
L’architettura ha la forza di leggere le complessità e di legarle tra di loro, di renderle comprensibili trasformandole in progetto comune; l’architettura produce speranza perché lavora sull’idea di futuro nella realtà.
L’attenzione dev’essere posta non tanto sul bene comune (territorio), ma sul processo (progettazione, produzione, gestione, organizzazione) che può convertirlo in una risorsa per tutti, in grado di soddisfare i bisogni della collettività.
È possibile fare un elenco dei beni pubblici e privati, ma non dei beni comuni, perché gli abitanti riservano continue sorprese nell’individuarli, nel costruirvici sopra nuove alleanze, nel dedicarvici le proprie energie.
I beni materiali sono oggi sempre più il risultato di pensieri ed emozioni, solidarietà e speranza, cioè di quel patrimonio comune immisurabile di cui il genere umano sta lentamente, ma inesorabilmente, riappropriandosi.